Marco Fermi

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La simpatia di Marius Copil aveva conquistato il pubblico, al punto che le circa 200 persone che hanno affollato l’Itas Arena (ennesimo sold out) nella sessione serale di giovedì facevano il tifo per lui. E pregustavano un quarto di finale-show contro Giulio Zeppieri, in cui ci sarebbe stato un interessante contrasto di stili. Ma non avevano fatto i conti con la solidità del pittoresco Antoine Escoffier, un (quasi) 31enne che sta vivendo il suo miglior momento in carriera. Numero 183 ATP, ha mostrato una condizione atletica strepitosa e un attaccamento alla partita davvero encomiabile nel 6-1 7-5 che lo ha spedito nella Final Eight del “Città di Rovereto”. Il risultato non è una sorpresa, visto che in questo inizio di 2023 ha già raggiunto due semifinali Challenger (Nonthaburi a gennaio e la scorsa settimana a Cherbourg), mentre Copil sta cercando di prendere slancio per l’ultima parte della sua carriera. Dopo un primo set dominato, il francese ha mostrato tutte le sue qualità nel secondo, in cui ha pazientemente ricucito il punteggio dopo essere stato in svantaggio 4-0. Ancora più bravo perché il punto che aveva fruttato a Copil il secondo break (3-0 e servizio) era frutto di una valutazione errata del giudice di linea, che ha considerato buono un rovescio del rumeno che era nettamente fuori. Una chiamata del genere può lasciare scorie importanti, invece Escoffier (accompagnato a Rovereto dalla sola fidanzata) ha ripreso a macinare tennis. Non è elegantissimo, anzi, adotta un tennis muscolare e privo di particolari guizzi. Però è fortissimo in difesa e ha contenuto gli attacchi un po’ disordinati di Copil. Nel finale, il rumeno è stato abbandonato dalla prima di servizio e ha consentito a Escoffier di entrare spesso nello scambio, in cui era nettamente superiore. Chiamato a servire sul 5-6, Copil ha annullato un matchpoint con la combinazione servizio-dritto, ma si è arreso al termine di un game di 14 punti, beffato da un passante in corsa del francese, peraltro colpito non troppo bene. Furioso, ha scaraventato via una pallina. Se Escoffier è certamente in gran forma, sul piano tecnico-tattico è un forse più gestibile per Zeppieri, abituato a scambiare molto da fondocampo, mentre Copil lo avrebbe costretto a uscire dalla zona di comfort. Sarà comunque un match complicato contro un avversario che sta vivendo una sorta di favola dopo una decina d’anni nell’inferno dei tornei ITF. E che gioca con curiosi calzettoni da calciatore, tirati su fino al ginocchio.

INTERNAZIONALI DI TENNIS – CITTÀ DI ROVERETO (73.000€, Play-It)

Secondo Turno Singolare
Zdenek Kolar (CZE) b. Evgeny Donskoy 6-4 7-5
Giulio Zeppieri (ITA) b. Charles Broom (GBR) 4-6 6-1 6-2
Jurij Rodionov (AUT) b. Jan Choinski (GBR) 6-2 2-6 6-4
Antoine Escoffier (FRA) b. Marius Copil (ROM) 6-1 7-5

Quarti di Finale Doppio
Hendrik Jebens / Niklas Schell (GER-GER) b. Theo Arribage / Constantin Frantzen (FRA-GER) 6-4 1-6 10-5
Vladyslav Manafov / Oleg Prhodko (UCR-UCR) b. Alexander Merino / Jakub Paul (PER-SUI) 6-3 6-4
Marek Gengel / Zdenek Kolar (CZE-CZE) b. Li Tu / Kaichi Uchida (AUS-GIA) 6-1 6-4
Victor Vlad Cornea / Franko Skugor (ROM-CRO) b. Zvonimir Babic / Charles Broom (CRO-GBR) 6-3 6-2

 

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Andrea Stoppini è il miglior tennista mai espresso dalla Provincia Autonoma di Trento. Al “Città di Rovereto” svolge il ruolo di testimonial e racconta come sta vivendo il torneo e si concede un po’ di amarcord, a partire dalla leggendaria vittoria contro Andre Agassi a Washington, sulla quale svela un aneddoto che non molti conoscono… Questo e molto altro in una bella chiacchierata sulle tribune del campo centrale del Circolo Tennis Rovereto.

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Per avere un giocatore italiano nei quarti, il pubblico di Rovereto si aggrappa a Giulio Zeppieri. Il ragazzo di Latina ha confermato il suo ottimo stato di forma: reduce dalla vittoria a Cherbourg, ha vinto la sua sesta partita di fila battendo Gianmarco Ferrari in un derby tutto italiano. Nonostante sia più giovane di un anno rispetto al toscano, vanta una maggiore esperienza in tornei di questo livello e l’ha fatta valere con un rapido 6-1 6-3. Il match è durato meno di un’ora, al punto da costringerlo a una durissima sessione di preparazione atletica: dopo il match, il suo preparatore Massimiliano Pinducciu lo ha portato con sé in palestra e lo ha fatto lavorare per due ore. Al secondo turno se la vedrà con il qualificato britannico Charles Broom. C’è un pizzico di rammarico per Marcello Serafini: dopo la rimonta al primo turno contro Matteo Gigante, stava per ripetersi contro il belga Gauther Onclin. Il romagnolo è rimasto in campo per più di due ore e si è arreso col punteggio di 6-4 2-6 7-5. Nel terzo set si è trovato in svantaggio 4-1 (con doppio break) e ha saputo ricucire il punteggio, vincendo quattro game di fila. Contro Gigante aveva portato a casa il quinto, mentre stavolta si è bloccato sul più bello. Nell’ultimo game si è trovato 0-40 sul servizio del belga, ma non è riuscito a trascinare la partita al tie-break. Per lui rimane un’ottima esperienza: ha passato per la prima volta il primo turno in un Challenger e ha giocato alla pari contro un avversario che lo precede di quasi 300 posizioni. Classe 2002, ha confermato di aver meritato la wild card e trarrà fiducia da questa esperienza. La buona notizia è che possiede notevoli margini di miglioramento: il suo tennis si fonda su un ottimo rovescio bimane e una strategia a tutto campo, ma si vedono potenzialità di crescita in tutti i fondamentali. Nella giornata di giovedì, il tabellone si allineerà ai quarti di finale: da seguire l’impegno di Jurij Rodionov (opposto a Jan Choinski, giocatore in gran forma) e il match serale, il cui il beniamino dei roveretani Marius Copil sfiderà il francese Antoine Escoffier.

TROPPO STRICKER PER BOURGUE

Dominic Stricker deve ancora vincere tre partite di fila nel 2023. Finora ha raggiunto il terzo turno nelle qualificazioni dell’Australian Open e i quarti al Challenger di Quimper: si è ripetuto al “Città di Rovereto”, in cui non ha avuto problemi nella sessione serale di mercoledì. Strappando il servizio per quattro volte al francese Mathias Bourgue si è imposto col punteggio di 6-4 6-3 e si conferma il favorito della parte bassa, anche perché nei quarti avrà un match sulla carta piuttosto semplice: sfiderà lo spagnolo Alejandro Moro Canas, entrato in tabellone come lucky loser, che “gli ha tolto di mezzo” il pericoloso Joris De Loore. Le caratteristiche dell’iberico sembrano sposarsi alla perfezione con il gioco di Stricker, soprattutto sul Play-It di Rovereto. Con il suo tennis fantasioso, pieno d’istinto, Stricker ha impedito a Bourgue di tessere una ragnatela di palleggi. Il francese era spesso sulla difensiva e non sempre era a suo agio quando provava ad attaccare. Il match ha avuto un sussulto nel primo set, quando Bourgue ha rimontato da 1-3 a 3-3, ma non ha mai dato la sensazione di potercela fare. Nel secondo set, ha commesso un doppio fallo sulla palla break che ha portato Stricker sul 3-2 e servizio. A quel punto, il match ha perso tensione agonistica e la stretta di mano è arrivata dopo 79 minuti. 

INTERNAZIONALI DI TENNIS – CITTÀ DI ROVERETO (73.000€, Play-It)

Secondo Turno Singolare
Kaichi Uchida (GIA) b. Peter Gojowczyk (GER) 1-6 6-1 7-6(1)
Alejandro Moro Canas (SPA) b. Joris De Loore 6-1 5-7 7-5
Gauthier Onclin (BEL) b. Marcello Serafini (ITA) 6-4 2-6 7-5
Dominic Stricker (SUI) b. Mathias Bourgue (FRA) 6-4 6-3

Primo Turno Singolare
Evgeny Donskoy b. Evan Furness (FRA) 6-7(4) 6-3 6-4
Jan Choinski (GBR) b. Marek Gengel (CZE) 6-1 6-4
Giulio Zeppieri (ITA) b. Gianmarco Ferrari (ITA) 6-1 6-3
Antoine Escoffier (FRA) b. Raphael Collignon (BEL) 4-6 7-5 7-6(3)

Primo Turno Doppio
Li Tu / Kaichi Uchida (AUS-GIA) b. Daniel Masur / Mili Poljicak (GER-CRO) ritiro
Victor Vlad Cornea / Franko Skugor (ROM-CRO) b. Karol Drzewiecki / Kacper Zuk (POL-POL) 4-6 6-3 10-8
Vladyslav Manafov / Oleg Prhodko (UCR-UCR) b. Mikelis Libietis / Luca Margaroli (LAT-SUI) 7-5 4-6 10-5

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Per me è come un figlio”. Poche parole svelano tante cose. Per esempio, i sentimenti di coach Norberto Valsecchi nei confronti del suo allievo Kaichi Uchida. Parole che introducono una gran bella storia di tennis. Una storia nascosta alla narrativa mainstream, ma che merita di essere raccontata. Qualche ore prima, il giapponese aveva raggiunto i quarti agli Internazionali di Tennis – Città di Rovereto (73.000€, Play-It) vincendo un match complicatissimo contro l’ex top-50 Peter Gojowczyk. Punteggio schizofrenico, 1-6 6-1 7-6, ma non così sorprendente dopo aver conosciuto meglio la realtà di Uchida. “È stato un match molto duro, anche perché non ho servito bene – ha sussurrato il 28enne di Osaka – non c’era ritmo, a un certo punto ho provato soltanto a tenere in campo più palle possibili”. Dopo aver fallito tre matchpoint sul 6-5 del terzo, in un game di ben 26 punti, ha dominato il tie-break. Salvo sorprese, nei quarti se la vedrà con il numero 1 del tabellone e favorito del torneo, Jurij Rodionov. Nonostante sia il numero 4 del Giappone e sia ormai stabile tra i top-200 ATP, Uchida è poco più che un carneade. Non possiede una biografia sul sito ATP, le ricerche online non danno esito e il suo account Instagram è prevalentemente in giapponese. Eppure lavora da una vita con lo stesso coach, un argentino che da 30 anni risiede negli Stati Uniti e lavora presso la IMG Academy di Bradenton. Un argentino con una vasta carriera alle spalle, e che negli ultimi quindici anni si è specializzato in tennisti giapponesi. Sono passati tra le sue mani Kei Nishikori, Yoshihito Nishioka e Yasutaka Uchyama. “È frutto di una partnership tra l’accademia e il colosso Sony, che pesca i migliori giapponesi di 14 anni e li porta negli Stati Uniti” racconta Valsecchi, 57 anni e una passione travolgente per il suo lavoro. “La particolarità di Kaichi è che non è arrivato a Bradenton tramite Sony, bensì dopo aver firmato con IMG. Io credo che abbia un talento spettacolare, il suo rovescio è poesia”. In effetti possiede una soluzione bimane che ricorda quella dell’illustre connazionale Nishikori. Ma Uchida ha un problema: gli è stato diagnosticato l’ADHD, un deficit di attenzione che talvolta può avere sintomi particolarmente fastidiosi, facendo pensare a problemi ancora peggiori. E invalidanti, per un professionista del tennis.

QUELLA MAIL DELLA MADRE

Enorme promessa, è stato numero 3 nella classifica mondiale Under 18: ha raggiunto i quarti all’Australian Open e le semifinali allo Us Open, oltre ad aver giocato la finale al World Super Junior Tennis Championships. Avversario, un certo Nick Kyrgios. “L’ha giocata alla pari, il suo livello è quello. Se volete, si trova su Youtube” dice Valsecchi, che per Uchida ha lottato duramente. Il giapponese è stato anche una fonte di litigio con Pat Harrison (padre di Ryan e Christian), ex gestore dei coach all’IMG Academy, il quale non credeva troppo in lui. In effetti, l’approdo tra i professionisti è stato traumatico: ha vinto appena tre partite nel primo anno tra i professionisti. “Conservo ancora la mail della madre che ringraziava per la sua prima partita vinta” dice Valsecchi, che vanta esperienze straordinarie. Dopo aver lavorato per anni presso la più importante accademia in Argentina degli anni ’80 (diretta da Jorge Todero e Francisco Mastelli), è stato sparring partner di Alberto Mancini negli anni d’oro di “Luli”, poi si è spostato negli Stati Uniti. Ha allenato tantissimi giocatori e giocatrici, tra cui spiccano Daniela Hantuchova e Paul-Henri Mathieu. Valsecchi è un torrente di racconti e aneddoti, ma adesso ha in mente soltanto Uchida. “Quando lui è nato mi trovavo con Mancini al club La Meridiana di Modena – dice, ricordandosi di essere in Italia – adesso vive a casa mia a Sarasota e non è sempre facile comunicare con lui. Non parla troppo bene l’inglese (anche se lo ha migliorato), ed è difficile cancellare le sue convinzioni: per esempio, era certo di non poter giocare sulla terra battuta. È finita che l’anno scorso ha vinto un Challenger a Oeiras, battendo ottimi specialisti. Anche oggi non riusciva a servire bene e il primo set è volato via in un attimo”. Alla sua condizione, Uchida accompagna un carattere particolarmente timido. Guarda spesso il cellulare, tende a stare a testa bassa. Non deve essere facile seguirlo giorno dopo giorno, da anni, eppure Valsecchi sprizza entusiasmo da tutti i pori. “Per me la scommessa è già vinta, perché è stato intorno al numero 150 ATP (oggi è n.195, ndr), però con il suo talento vorrei che arrivasse ancora più in alto”.

L’INCREDULITÀ DEI TEDESCHI

E il diretto interessato cosa dice? “Il mio obiettivo stagionale è giocare il tabellone principale di uno Slam. In tanti anni di professionismo non ce l’ho mai fatta. Al futuro non penso troppo, provo a vivere giorno dopo giorno, cercando di diventare un tennista migliore. Certo, mi piacerebbe entrare tra i top-100”. Si è avvicinato al tennis all’età di 5 anni perché c’era un tennis club a “due minuti di strada” da casa e il padre (insegnante) gli aveva proposto di giocare. Quando gli chiediamo se è difficile essere un tennista in Giappone, ha un sussulto. “Non credo che sia un vantaggio, perché non ci sono tornei. Se vuoi intraprendere l’attività internazionale devi andare in Europa o in America. Vantaggi? Forse è più facile ottenere degli sponsor…”. Allude anche alle leghe nazionali, che pagano molto bene e non sono certo un incentivo a uscire dal Paese. Inoltre non si sposano con l’attività professionistica, perché chi vi prende parte deve tornare in Giappone tre volte all’anno. Il legame col suo Paese è ancora molto forte, a maggior ragione dopo essere entrato nel giro della Coppa Davis. Anche questo passaggio è emblematico del rapporto con Valsecchi. “Quando Go Soeda è stato nominato capitano del team giapponese mi ha detto che lo avrebbe voluto convocare. Io gli ho dato tutto il mio sostegno e l’ho invitato nel box a vedere il match al torneo ATP di Tokyo, poi gliel’ho affidato per un camp di qualche settimana. Avevo proprio bisogno di una vacanza dopo tanti anni in giro per il mondo…”. Adesso sono ripartiti a caccia di un traguardo che avrebbe del miracoloso, e che è stato reso possibile soltanto dalla tenacia di un 57enne argentino che non conosce la rassegnazione. “L’episodio che racconta meglio Kaichi risale a qualche anno fa, al Challenger di Koblenz – conclude – perse 6-0 il primo set contro Zapata-Miralles. Dieci minuti di gioco, un disastro. Il pubblico se ne è andato, riversandosi sull’altro campo, non si capacitavano di quanto fosse debole. Quando li ho rivisti a fine partita e ho detto loro che aveva vinto, non ci potevano credere. Ho ancora in mente la loro espressione basita”. Un po’ come è successo oggi a Rovereto. Un po’ come accade sempre nella curiosa carrera di Kaichi Uchida. E del suo coach-papà.

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“Qui la musica fa troppo rumore, andiamo fuori?”. Questa piccola accortezza fa capire che tipo sia Marius Copil. Aveva appena lottato per due ore e mezza, vincendo la sua terza partita agli Internazionali di Tennis – Città di Rovereto (73.000€, Play-It) battendo il polacco Kacper Zuk col punteggio di 6-7 7-5 6-4. Erano trascorsi quasi sei mesi dall’ultima volta in cui aveva passato il primo turno in un Challenger. Dati severi per un giocatore come lui, ex numero 56 ATP e finalista all’ATP 500 di Basilea contro Roger Federer, appena quattro anni fa. Un giocatore di classe, dal tennis pulito e talentuoso, una bellezza per gli occhi. Ma Copil è anche una persona molto intelligente, piena di idee e dalla parlata sciolta. Basta toccare i tasti giusti e le informazioni fioccano, persino maggiori rispetto a quanto chiesto. “A inizio partita pensavo troppo e la mia palla era più lenta – racconta – lui aveva il tempo di fare quello che voleva e serviva molto bene, inoltre faticavo al servizio. Ma sono rimasto sempre positivo, so che c’è sempre una possibilità. Sono diventato più aggressivo e mi sono presentato spesso a rete, anche se qualche volta mi ha passato. Quando vieni messo costantemente sotto pressione magari giochi bene, ma nei punti importanti regali qualcosa. Ho avuto il merito di accettare quello che succedeva sul campo, ho giocato libero, mi sono divertito e qui mi piace molto, la gente fa il tifo per me”. In effetti Copil è un frequentatore abituale dei tornei italiani. L’anno scorso ne ha giocati nove (più San Marino) nel nostro Paese. “Amo l’Italia – dice con un sorriso – mi piace il cibo, la gente, si gioca in belle città e poi è vicino a casa mia. L’anno scorso ho avuto un po’ di problemi personali, quindi avevo la certezza di poter rientrare con un’ora d’aereo se ci fosse stato qualche problema. Ho scelto l’Italia anche per i tornei sulla terra battuta, che pure non è la mia migliore superficie. Sicuramente ci giocherò ancora molto, poi quest’anno le cose vanno molto meglio dal punto di vista mentale. Sono più sereno”.

LA ROMANIA NON È UN PAESE POVERO, PERÓ…”

Anni fa, il rumeno raccontò di aver affrontato un giovanissimo Bernard Tomic al Challenger di Cremona, con l’australiano che aveva a disposizione la carta di credito di Tennis Australia, che gli permetteva qualsiasi spesa, mentre lui aveva un budget limitato. Viene dunque da chiedersi (e da chiedergli) se la sua carriera sarebbe stata diversa se fosse nato in un Paese più ricco. Bingo. Copil dimentica di essere all’aperto, con la temperatura sotto i 10 gradi, ancora sudato. Diventa un torrente di parole. “Non si può dire: Djokovic è partito dalla Serbia, senza aiuti, ed è diventato il più forte di sempre. Dipende dalla mentalità: se combatti, ci provi e ti godi il processo, l’universo ti darà una mano. Certamente è meglio provenire da un Paese come l’Italia, con 25 Challenger, o da altri ricchi come Australia e Stati Uniti. In quel caso puoi giocare libero perché non hai molte spese. Non so se sarei stato più forte: quando ho iniziato a giocare a tennis volevo diventare un top-100 ATP, giocare una finale importante, vivere i grandi tornei, giocare in Coppa Davis e partecipare alle Olimpiadi. Mi sono mancate solo le Olimpiadi, per il resto sono riuscito a fare tutto. Ovviamente avrei voluto entrare tra i top-50 e vincere un torneo ATP, ma per un ragazzo che da piccolo voleva giocare a calcio ed è stato spinto al tennis dai genitori… sono contento di quello che ho fatto. Anche perché vengo da una piccola città della Romania, con appena 180.000 abitanti”. Qualche minuto dopo, quando la discussione era su altri argomenti, Copil fa un passo indietro e racconta la realtà del tennis rumeno. Lo fa con orgoglio. “La Romania non è un Paese povero, il problema è che è gestito male. Il general manager della nostra federazione ha fatto un pessimo lavoro. Negli ultimi 8-10 anni abbiamo avuto grandi risultati senza nessun sostegno. Gli unici aiuti arrivavano dalle nostre famiglie. Personalmente ho incassato qualcosa solo quando giocavo in Coppa Davis, ma erano soldi provenienti dall’ITF. Pensa quanto sarebbe bello avere un general manager capace, con un budget di 2-3 milioni per aiutare il tennis, magari dando una mano ai giovani oppure organizzando qualche torneo. Per vostra informazione, noi abbiamo avuto Simona Halep numero 1 del mondo, Horia Tecau numero 1 in doppio, Florin Mergea, top-10 in doppio, otto top-100 WTA e tanti altri ottimi giocatori… eppure la federazione non è riuscita a trovare uno sponsor. E così è dura per tutti i giocatori. La nostra federtennis è povera perché il budget è bloccato: una persona ha fatto causa alla federazione, che però ha vinto il processo e non gli deve nulla. Bisognerebbe sedersi a un tavolo e aiutare il tennis anziché distruggerlo. È quello che vorrei fare io: portare sponsor e risolvere i problemi. Le persone più ricche della Romania giocano a tennis ma non sono coinvolte nello sviluppo del gioco. Io li vorrei mettere tutti insieme”.

VOGLIA DI FELICITÀ

Qualche mese fa, il nativo di Arad ha dichiarato che a fine carriera gli piacerebbe essere coinvolto nella sua federazione. Di fronte a idee così chiare, è inevitabile chiedergli cosa farebbe se avesse un ruolo gestionale nel tennis internazionale. “Nel circuito ITF ci sono zero soldi. Ci sono giocatori molto forti, anche ex top-100, ma si gioca per cento dollari. Non è giusto. Anche l’ATP e gli Slam dovrebbero aumentare i montepremi. Sì, anche gli Slam. Loro dicono che danno 100.000 dollari a chi perde al primo turno, ma in verità è quasi nulla. Il 30% se ne va in tasse, poi abbiamo molte spese. L’inflazione è in crescita costante e negli ultimi anni, dopo il Covid, i prezzi sono aumentati dappertutto. I top-100 del tennis meriterebbero molto di più perché il paragone con altri sport è impietoso. Se prendiamo un top-100 di golf, probabilmente guadagna dieci volte tanto rispetto a un top-100 di tennis. Dobbiamo fare qualcosa, metterci insieme e trovare il modo di intascare più soldi. Anche perché il livello del tennis attuale è molto alto”. A proposito di livello, Copil è convinto di avere le chance per tornare dov’era quattro anni fa. “In termini di classifica voglio tornare tra i top-100. Se sono libero di testa, non mi metto troppa pressione e mi godo il processo, sono convinto di farcela. Devo essere positivo e prendere nel modo giusto i momenti difficili. Voglio provare a me stesso di non essermi sbagliato. Nell’immediato, voglio essere felice ogni volta che scendo in campo. Devo apprezzare quello che faccio perché c’è sempre il rischio che succeda qualcosa e si debba smettere di giocare. Da 2-3 settimane ho cambiato il mio stato mentale, voglio godermi questa vita. Lavoro sempre duramente, ma lo faccio con gioia e passione. E sento che la gente lo percepisce, mi vede con occhi diversi, fanno il tifo per me. Prima pensavo a troppe cose: giocavo contro me stesso e poi con l’avversario, mentre adesso voglio darmi la possibilità di giocare uno contro uno”. Il prossimo “uno” sarà il vincente del derby francofono tra il belga Raphael Collignon e il francese Antoine Escoffier. Se la nuova mentalità lo aiuterà, Marius Copil può essere ancora protagonista. A questi livelli, uno con il suo talento vale tantissimo. Anche e soprattutto per gli occhi.

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Esordio vincente per la prima testa di serie. Nella sessione serale di martedì, Jurij Rodionov ha superato con un doppio 6-3 l’australiano Li Tu, dando un piccolo dispiacere a chi ricordava la lunga militanza trentina di Jack Reader (tecnico di Tu) negli anni ’80 e ’90, quando insegnava tra Trento e Riva del Garda. L’austriaco di origine bielorussa si è affidato alle sue armi principali, servizio e dritto, garantendosi turni di battuta piuttosto semplici. Ha faticato soltanto in avvio di entrambi i set, poi ha concesso le briciole al suo avversario. Da parte sua era ben più competitivo nei turni di risposta e ha scippato il servizio a Tu in tre occasioni. Non c’è mai stata la sensazione che l’australiano potesse allungare il match, anche perché nel dialogo da fondocampo era spesso in affanno, nel tentativo di rallentare la velocità dello scambio. Classe 1999, Rodionov si è avvicinato ai top-100 ATP sul finire della scorsa stagione (è salito al n.120), ma quest’anno non ha ancora vinto due partite di fila, pur avendo alternato i Challenger ai tornei più grandi. In generale ama queste condizioni di gioco, come peraltro ha dimostrato sul finire del 2022, ed è certamente tra gli accreditati per la vittoria finale. Accompagnato da coach Richard Waite, attualmente è numero 2 d’Austria alle spalle di Dominic Thiem. Tuttavia, il pessimo momento di forma del connazionale potrebbe anche aprire scenari di leadership nazionale. Mercoledì si completeranno i match di primo turno, ma si giocheranno anche quattro incontri degli ottavi di finale: nel pomeriggio, Marcello Serafini proverà a dare continuità dopo l’exploit contro Gigante, sfidando il belga Gauthier Onclin. In precedenza ci sarà l’esordio di Giulio Zeppieri nel derby azzurro contro Gianmarco Ferrari. Ancora una volta, in sessione serale ci sarà il talentuoso Dominic Stricker (opposto all’esperto francese Mathias Bourgue).

ELIMINATI ARNABOLDI E TRAVAGLIA, ATTESA PER ZEPPIERI

Non è stato un martedì felice per i colori italiani. In attesa dell’esordio dell’attesissimo Giulio Zeppieri (reduce dal trionfo a Cherbourg) era il turno dei due reduci dalle qualificazioni: Andrea Arnaboldi e Stefano Travaglia, rispettivamente 35 e 31 anni di età. Non è andata bene agli esponenti della Old School azzurra: non c’è molto da dire sul match di Andrea Arnaboldi, che ha alzato bandiera bianca quando era in svantaggio 6-2 4-0 contro il britannico Charles Broom, pure lui reduce dalle qualificazioni. Un problema di stomaco ha impedito al canturino di esprimersi al meglio, obbligandolo a ritirarsi a match ancora in corso. Più equilibrato il match di Stefano Travaglia, che aveva legittime ambizioni contro l’esperto Joris De Loore (n.8 del draw). Si è imposto il belga col punteggio di 7-6 6-4 in un match (per lui) perfetto, nel quale non ha concesso nemmeno una palla break. Travaglia è giunto soltanto una volta ai vantaggi nei turni di risposta, nel quinto game del primo set, mentre ha dovuto fronteggiare ben 14 palle break (salvandone 13, di cui dieci nel quinto game del secondo set). Il rimpianto riguarda il tie-break del primo set: l’ascolano aveva recuperato dal 4-6 al 6-6, aiutato da un doppio fallo di De Loore sul secondo setpoint. A quel punto ha commesso due errori gratuiti che hanno fatto volare via il parziale. Un break nel secondo set è stato sufficiente al belga, che sta vivendo uno spettacolare inizio di stagione: nei primi due tornei dell’anno (entrambi a Oeiras) ha raccolto una vittoria e una finale, scalando circa 150 posizioni e portandosi a ridosso di un best ranking (n.174) risalente addirittura al 2016. A Rovereto c’è una piccola comunità di tennisti belgi accompagnati dall’ex top-40 Steve Darcis, che giusto pochi giorni fa è stato nominato capitano del team belga di Coppa Davis e ha subito iniziato a seguire i possibili convocati. Oltre all’esperto De Loore sono a Rovereto Raphael Collignon e Gauthier Onclin, entrambi impegnati mercoledì. Sempre mercoledì ci sarà l’esordio di Giulio Zeppieri, atteso da un derby azzurro contro Gianmarco Ferrari. Giunto a Rovereto verso l’ora di pranzo di martedì, il 21enne di Latina si è allenato nel pomeriggio con il briannico Jan Choinski, battuto pochi giorni fa in semifinale a Cherbourg. A seguirlo da vicino c’erano coach Massimo Sartori e il preparatore atletico Massimiliano Pinducciu.  

INTERNAZIONALI DI TENNIS – CITTÀ DI ROVERETO (73.000€, Play-It)

Primo Turno Singolare
Zdenek Kolar (CZE) b. Ivan Gakhov 6-3 6-4
Alejandro Moro Canas (SPA) b. Bu Yunchaokete (CHN) 6-4 4-6 6-2
Charles Broom (GBR) b. Andrea Arnaboldi (ITA) 6-2 4-0 ritiro
Joris De Loore (BEL) b. Stefano Travaglia (ITA) 7-6(6) 6-4
Mathias Bourgue (FRA) b. Michael Geerts (BEL) 6-7(5) 6-4 6-2
Marius Copil (ROM) b. Kacper Zuk (POL) 6-7(5) 7-5 6-4
Jurij Rodionov (AUT) b. Li Tu (AUS) 6-3 6-3

Primo Turno Doppio
Zvonimir Babic / Charles Broom (CRO-GBR) b. Andrea Del Federico / Filiberto Fumagalli (ITA-ITA) 6-1 6-1
Theo Arribage / Constantin Frantzen (FRA-GER) b. Antoine Escoffier / Evan Furness (FRA-FRA) 2-6 7-6(6) 11-9
Marek Gengel / Zdenek Kolar (CZE-CZE) b. Filip Bergevi / Piotr Matuszewski (SWE-POL) 2-6 7-5 10-6
Alexander Merino / Jakub Paul (PER-SUI) b. Sanjar Fayziev / Markos Kalovelonis (UZB-GRE) 4-6 6-3 10-5
Hendrik Jebens / Niklas Schell (GER-GER) b. Joris De Loore / Michael Geerts (BEL-BEL) 6-4 6-3

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Una chiacchierata con la direzione tecnica degli Internazionali di Tennis – Città di Rovereto. Marco Fermi e Luca Del Federico toccano diversi argomenti: l’inizio della loro partnership, le ragioni che li hanno spinti a partire proprio da Rovereto, le complessità del ruolo di direttore di torneo, la peculiarità di dividersi un ruolo così delicato e… rispettivi pregi e difetti!

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C’è stato il rischio che ci fosse la seconda eliminazione eccellente. Dopo l’inatteso KO di Matteo Gigante, gli Internazionali di Tennis – Città di Rovereto (73.000€, Play-It) stavano per perdere anche la testa di serie numero 2 Dominic Stricker. In svantaggio di un set e di un break contro il rampante Mili Poljicak, lo svizzero si è ripreso appena in tempo e poi ha dominato il terzo set, imponendosi con il punteggio di 3-6 7-5 6-1. A dispetto di una struttura fisica rivedibile, il croato (campione in carica di Wimbledon junior) ha espresso un tennis frizzante e una pesantezza di palla davvero notevole. Dopo aver annullato quattro palle break nel terzo game, il croato è stato il miglior giocatore in campo nella parte centrale del match, sfruttando il gioco a intermittenza di Stricker. Il match sembrava concluso quando due doppi falli dello svizzero nel settimo game del secondo set portavano Poljicak sul 6-3 4-3 e servizio. A un passo dal traguardo, il 18enne di Spalato si è disunito ed è improvvisamente uscito dalla partita, perdendo dieci degli ultimi dodici game. Un grosso sospiro di sollievo per Stricker, che anche a Rovereto si è presentato con l’auto griffata con la sua immagine, omaggio di uno sponsor. Le sue qualità non si discutono, ma dovrà trovare quella continuità che per adesso gli ha impedito di entrare tra i top-100 ATP. Al secondo turno se la vedrà con il vincente del match tra Michael Geerts e Mathia Bourgue, uno dei sette match di singolare in programma nella giornata di martedì. In campo anche i due qualificati italiani (Arnaboldi e Travaglia), poi il clou sarà nel serale con l’esordio di Rodionov contro l’australiano Li Tu, allenato da quel Jack Reader che è tornato a Rovereto dopo tanti anni.

TRAVAGLIA IN TABELLONE, GIGANTE GIÀ FUORI

La seconda giornata delle qualificazioni ha poi premiato Stefano Travaglia: l’ex numero 60 ATP ha dovuto lottare parecchio per avere la meglio (3-6 6-3 6-4 lo score) sull’idolo di casa Giovanni Oradini. Una battaglia di oltre due ore, fatta di scambi lunghi e muscolari, godibilissima per il pubblico e faticosa per i giocatori. Dopo un inizio difficile, Travaglia si è ritrovato in avvio di secondo set e poi ha lottato duramente nel terzo, in cui ha avuto bisogno di brekkare tre volte l’avversario per portare a casa un posto in tabellone (laddove sfiderà il belga Joris De Loore). Un pizzico di delusione per Oradini, che sperava di proseguire nella sua favola, ma il livello espresso non può che dargli ottimismo e fiducia. Per Travaglia, invece, questo torneo è molto importante per ritrovare il prima possibile una classifica adeguata alle sue capacità. Ha ancora qualche passaggio a vuoto, ma la condizione fisica è pienamente recuperata. Ed è la base da cui costruire. È terminata alle porte del main draw l’avventura di Francesco Forti, che ha opposto un’accanita resistenza al cinese Bu Yunchaokete, prima testa di serie delle qualificazioni. Il romagnolo si è arreso 7-5 al terzo e non è nemmeno stato ripescato come lucky loser: in mattinata era arrivato il forfait di Gianluca Mager per una fastidiosa laringite. Tra i sei sconfitti nelle qualificazioni, è stato premiato lo spagnolo Alejandro Moro Canas, battuto dall’ex top-60 Marius Copil. Nel tardo pomeriggio sono scattati i match del tabellone principale: è arrivata subito una sorpresa con l’eliminazione di Matteo Gigante. Il vincitore del recente Challenger di Tenerife si è arreso alla distanza a Marcello Serafini, suo compagno di squadra al TC Sinalunga. Dopo un inizio difficile, il romano sembrava aver risolto l’enigma. Era avanti 4-1 al terzo, poi però ha perso cinque game di fila e ha finito col perdere col punteggio di 6-4 2-6 6-4. Davvero un risultato inatteso.

INTERNAZIONALI DI TENNIS – CITTÀ DI ROVERETO (73.000€, Play-It)

Primo Turno Singolare
Gauthier Onclin (BEL) b. Lukas Rosol (CZE) 6-1 7-6(0)
Kaichi Uchida (GIA) b. Filp Cristian Jianu (ROM) 6-4 3-1 ritiro
Marcello Serafini (ITA) b. Matteo Gigante (ITA) 6-4 2-6 6-4
Peter Gojowczyk (GER) b. Mate Valkusz (UNG) 6-4 6-4
Dominic Stricker (SUI) b. Mili Poljicak (CRO) 3-6 7-5 6-1

Secondo Turno Qualificazioni
Mathias Bourgue (FRA) b. Karl Friberg (SWE) 6-3 7-6(3)
Stefano Travaglia (ITA) b. Giovanni Oradini (ITA) 3-6 6-3 6-4
Marius Copil (ROM) b. Alejandro Moro Canas (SPA) 7-6(3) 6-3
Charles Broom (GBR) b. Evgeny Donskoy 6-7 7-5 6-4
Andrea Arnaboldi (ITA) b. Federico Arnaboldi (ITA) 6-3 6-4
Bu Yunchaokete (CHN) b. Francesco Forti (ITA) 6-4 5-7 7-5

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Sono trascorsi quasi 21 anni dalla prima partita di Andrea Arnaboldi nel circuito professionistico. Aveva poco più che quattordici anni quando gli diedero una wild card per le qualificazioni del Challenger di Olbia. Da allora ha giocato più di 1000 (!) partite, ma non avrebbe immaginato di ritrovarsi contro… suo cugino. È accaduto al turno decisivo delle qualificazioni degli Internazionali di Tennis – Città di Rovereto (73.000€, Play-It), laddove ha conquistato un posto in tabellone battendo il giovane Federico, classe 2000, con il quale ha un rapporto davvero speciale. Il derby in famiglia è stato la storia del giorno al Pala Baldresca: una storia terminata con la vittoria del più esperto, un 6-3 6-4 che poteva essere più netto se Federico non si fosse avvicinato dal 5-2 al 5-4 nel secondo set. Con questo successo, Arnaboldi ha prolungato la sua permanenza a Rovereto e troverà al primo turno un altro qualificato, il britannico Charles Broom. “Essendo iscritti allo stesso torneo sapevamo che ci sarebbero state buone possibilità di affrontarci – dice Andrea – ci alleniamo spesso insieme e abbiamo preso il match di oggi come una partita in più, sia pure con la consapevolezza che oggi c’era qualcosa in palio. Ma la routine è stata la stessa: ci siamo allenati insieme, abbiamo pranzato insieme, ci siamo riscaldati insieme… Certo, all’inizio è stato un po’ strano trovarmelo davanti: l’ho visto nascere ed era mio avversario perché facciamo lo stesso lavoro. Però è stata una bella emozione. Passati i primi game, è stata una partita normalissima”.

I CONSIGLI DI ANDREA

È sempre interessante ascoltare le sensazioni di un giocatore, perché da dentro il campo c’è una percezione diversa. E da fuori sembrava che fosse Federico il più nervoso tra i due. “Sinceramente non mi è sembrato – dice Andrea, che ha compiuto 35 anni lo scorso 27 dicembre – anzi, io ero teso perché era una situazione nuova. Però è vero che io ho giocato meglio e lui è stato più falloso del solito”. È difficile esprimere a parole il legame tra i cugini Arnaboldi: qualche mese fa, il giovane Federico disse testualmente: “Andrea non si vuole intromettere nella mia carriera, insiste spesso sul fatto che devo percorrere la mia strada e fare i miei errori, ma se gli chiedo qualcosa è sempre pronto a dare un consiglio. È molto presente nella mia vita, così come io lo sono nella sua. Il consiglio migliore? Probabilmente me lo deve ancora dare”. E allora abbiamo chiesto ad Andrea quanto sia coinvolto nella carriera del cugino. “Parecchio” risponde, salvo poi argomentare: “Adesso un po’ meno in modo diretto, perché giustamente lui ha il suo staff e io sono ancora un giocatore. Tra noi rimane uno splendido rapporto tra cugini e gli do qualche consiglio, però in effetti sono molto richiesto dal suo staff. Parliamo, mi chiedono opinioni… sì, sono molto coinvolto”. Dall’alto dei suoi 35 anni, viene da chiedersi quali siano le competenze che non aveva a 22 anni e che oggi ritiene importanti da trasmettere al cugino. “Tantissime. Mi guardo indietro e per forza di cose oggi sono un altro. Cerco di trasmettergli la mia esperienza: avendo già vissuto certe cose capisco quello che prova e cerco di pulirgli un po’ la strada, eliminando dai suoi pensieri quello che non serve e concentrarsi solo sulle cose importanti”. Nonostante la carta d’identità, tuttavia, Andrea Arnaboldi si sente ancora un giocatore a tutti gli effetti e non pone limiti al suo futuro. Nemmeno un infortunio che lo ha bloccato nella seconda parte del 2022 gli ha tolto il piacere di essere un professionista. Una lesione al tendine del pettorale lo ha bloccato a inizio settembre: dopo un intenso lavoro con i preparatori Francesco Andreoni, Davide Mondin e il fisioterapista Luca Braghetto sentiva di essere pronto per il torneo di Ortisei a fine ottobre. “Infatti l’ho giocato, ma dopo una settimana il fastidio è tornato. Peccato, perché se non avessi giocato quel torneo sarei rimasto fermo per sei mesi e avrei usufruito del ranking protetto. Ormai è andata: adesso sto bene e la testa è focalizzata su quello che serve”.

IL BELLO DI FARE IL TENNISTA

Nel suo piccolo, Andrea Arnaboldi ha scritto una pagina di storia del tennis: è stato lui a giocare (e vincere) il match più lungo di sempre al meglio dei tre set, quel 6-4 3-6 27-25 contro Pierre-Hugues Herbert nelle qualificazioni del Roland Garros 2015. Con l’istituzione del tie-break in tutti i set, il record rimarrà in eterno. E poi c’è quel dato statistico che scoccia: non è azzardato sostenere che Arnaboldi sia il più forte a non aver mai vinto un Challenger. “Me lo dicono tutti! – attacca – mi dà fastidio, non lo nascondo. Però ci credo, sono ancora nel circuito e chissà che non ce la possa fare. Però non la vedo come una macchia: mi piacerebbe vincerne uno, ma se non sarà così… amen”. Ciò che impressiona, in Arnaboldi, è lo spirito. Vive la sua avventura nel professionismo come un regalo: è felice di giocare e – parole sue – gode nel vivere l’ambiente da protagonista. “La cosa importante è il vissuto – dice – se il vissuto è bello e mi diverto, non vedo fine a tutto questo e sono contento. Mi dà soddisfazione l’idea che sarò io a decidere quando dedicarmi ad altro e inseguire nuovi obiettivi. Certo, sono fuori dai top-300 e ho 35 anni, ma mi piace giocare e godo nel fare questo lavoro. I soldi sono importanti, ovviamente, ma certe cose non hanno prezzo”. Chissà che questo spirito, unito alla serenità che traspare dalle sue parole, non lo aiuti a togliersi ancora qualche bella soddisfazione. Se c’è un giocatore che lo meriterebbe, beh, è proprio Andrea Arnaboldi.

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In questo suggestivo filmato, il presidente del Circolo Tennis Rovereto Giorgio Trentini racconta la storia recente del club, la genesi del torneo e gli obiettivi futuri di un circolo che è già un punto di riferimento per tutto il territorio. E non solo.

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